Per il risparmiatore italiano INVESTIRE in TITOLI DI STATO (BOT/BTP etc.) è come andare al bar a prendere un caffè, un’abitudine consolidata nel tempo, che si fa senza pensarci su più di tanto, sicuri della mano del barista e del risultato certo: un buon caffè!
Attualmente il debito Pubblico Italiano ammonta a € 2.356.021.951.042 (euro più euro meno, una somma enorme, pensa che solo di interessi giornalieri si spendono circa €145.651.795), la sua incidenza sul prodotto interno lordo era a fine 2015 – pari al 132,7%.
Chi detiene il nostro debito pubblico?
fig.1

fonte: Quaderni Banca d’Italia 2016
Il 39% in mano agli investitori stranieri € 918.848.560.906,38
il 44,2% in mano alle banche italiane € 1.041.361.702.360,56
il 10,9% in mano ad altri soggetti banche straniere, enti nazionali e sovranazionali (parte di questi detenuti dalla Banca d’Italia sotto l’egida della BCE) € 256.806.392.663,58
il restante 5,9% in mano alle famiglie italiane sono ben € 139.005.295.111,48 (Centotrentanovemiliardicinquemilioniduecentonovantacinquemilacentoundici euro) i titoli di stato in mano alle famiglie Italiane.
In soldoni, dunque, le famiglie italiane detengono direttamente sui propri dossier titoli oltre 139 miliardi di euro in BTP & Co.
o
1. RISCHIO SIGNORAGGIO. L’Italia e la Banca d’Italia non ha più il signoraggio (che è la possibilità per una banca centrale di stampare moneta in modo autonomo), in pratica oggi la BANCA d’ITALIA non può più emettere autonomamente moneta per comprare (come faceva negli anni ottanta e novanta) il debito in Eccesso ed impedire un default dello stato.
Con l’entrata in vigore dell’Euro il nostro signoraggio è stato ceduto alla BCE che decide (ESSA) in “Autonomia” se e come sostenere/comprare il debito dei paesi europei.
Pertanto se un Paese come l’Italia si dovesse trovare in difficoltà con il proprio debito, no riuscendo a ripagare i propri titoli non potrà più chiedere l’intervento della propria banca centrale e far “stampare soldi” per evitare il CRAC! In questo caso oggi l’Italia dovrebbe andare con il “Cappello in mano” in Europa e supplicarli di salvarli!
“TUTTI RICORDIAMO IL 2011 QUANDO LO SPREAD BTP/BUND ARRIVO’ ALLE STELLE E LA NOSTRA BANCA CENTRALE NON POTE’ INTERVENIRE A SUPPORTO DEL PROPRIO PAESE, L’ITALIA ERA SULL’ORLO DEL FALIMENTO I NOSTRI BTP CROLLAVANO A PICCO ED IL DECENNALE RENDEVA IL 7,246% (oggi rende solo 1,70% sembra una vita fa…).
IN QUELL’OCCASIONE FU SOLO GRAZIE ALL’INTERVENTO DELLE BANCHE CENTRALI DI MEZZO MONDO SOTTO LA SPINTA DEL GOVERNATORE DELLA BCE E MARIO “BROS” DRAGHI (per altro osteggiato dalla Germania) A SALVARCI DAL BARATRO STAMPANDO MONETA E COMPRANDO I NOSTRI TITOLI”.
fig.2
Ora è facile comprendere che finché a Francoforte ci sarà MARIO DRAGHI, tutto filerà liscio per l’Italia ma dal 2019 con molta probabilità il nuovo governatore sarà tedesco e di certo non sarà tanto accondiscendente nel sostenere le difficoltà dell’Italia ed il suo debito.
2. RISCHIO CAC (Clausole Azione Collettiva). Come si vede dalla fig. 3 il debito non si è mai fermato è solo cresciuto, pensa che dal 2006 al 2016 in poco più di 10 anni è passato da meno di 1.600 miliardi a oltre 2.300 miliardi (con un incremento del 44%!)
Fig. 3
Questa tendenza se si protrae ancora a lungo (a vedere i nostri governanti la cosa è quasi certa) l’Europa costringerà l’Italia all’applicazione delle cosiddette Clausole di Azione Collettiva (contenute in un decreto che il Ministero dell’Economia e delle Finanze -MEF- ha emanato il 7 dicembre 2012 ed entrate in vigore il 1 gennaio 2013). Esse prevedono la possibilità di uno stato di intervenire sui titoli di stato sia riducendo (fino all’azzeramento) i tassi di interesse, si tagliando il valore nominale di rimborso del titolo sia infine spostando la scadenza dello stesso nel tempo fino a renderlo perpetuo (senza scadenza).
Le CAC sono vere e proprie clausole (vessatorie) allegate ai titoli pubblici di nuova emissione dal 2013 in poi e sono previste per i titoli con scadenze superiori ai 12 mesi. Quindi saranno assoggettati a queste clausole i CCT, i BTP, i BOT con scadenza oltre i 12 mesi e i CTZ .
In parole povere se hai in mano un BTP e il tuo stato si trova in difficoltà finanziarie, dalla sera alla mattina può decidere di ridurti fino ad azzerati gli interessi, può rimborsarti solo una parte di quello che hai investito e può anche non restituirti più i tuoi soldi trasformando il titolo in perpetuo cioè senza scadenza! (repetita iuvant).
3. RISCHIO BOLLA MONETARIA. La risposta delle banche centrali alla crisi del sistema finanziario mondiale (2008) fu quella di inondare il mondo con un fiume di moneta cosiddetto Quantitative Easing (QE), questi soldi sono stati utilizzati (ed ancora oggi la BCE lo fa) per comprare qualsiasi cosa crollasse e potesse mettere a rischio il sistema globale.
In altre parole dal 2008 siamo in un mercato finto, un mercato drogato dove azioni, obbligazioni, titoli di stato e materie prime si sono apprezzate a dismisura in quanto ogni qualvolta i prezzi scendevano per mancanza di domanda arrivava (ed arriva ancora) il pronto soccorso delle Banche centrali a tamponare la falla.
Anche il valore dei nostri BTP sotto l’azione del QE e stato gonfiato, infatti, gli attuali livelli di prezzo e di rendimento dei nostri BTP (vedi fig.4 sopra) non rispecchino affatto l’affidabilità del nostro paese né la solidità dei nostri conti pubblici.
Il vero problema si avvertirà allo scoppio della bolla monetaria e questo avverrà quando la BCE ( con le altre BC) avvierà il ritiro della liquidità dal mercato. I modi ed i tempi con cui ciò avverrà determinerà la profondità delle perdite sui titoli a medio/lunga scadenza .
Senza l’attuale massa monetaria il prezzo dei nostri BTP dovra’ tornare in equilibrio rispetto all’effettivo rapporto di domanda/offerta e ciò significa riallineamento (discesa) dei prezzi e perdita certa per gli investitori.
4. RISCHIO INVERSIONE TASSI. Altra faccia della politica espansiva di cui sopra è stato il crollo dei tassi oggi molti titoli di stato (compresi quelli italiani) rendono pochissimo ed in alcuni casi addirittura negativi.
Questo stato di cose fa si che un piccolo aumento dei tassi di interesse produrrà una variazione negativa del prezzo dei titoli.
Facciamo un esempio scolastico: Oggi ho un BTP ad 1 anno che mi rende 1% e vale 100. Sempre oggi il rendimento di un nuovo BTP ad 1 anno sale al 2%. A questo punto il mio vecchio BTP per rendere come quello nuovo dovrà essere venduto sul mercato a 99,00 (e non più a 100) e questo perché in tal modo chi se lo compra avrà sempre un rendimento del 2% (1% dalla cedola e l’altro 1% dal capitale (100 – 99)).
ATTENZIONE PERÒ SE IL MIO BTP HA SCADENZA 10 ANNI IL -1% VA MOLTIPLICATO PER 10 PERTANTO IL PREZZO SCENDERÀ A 90 E LA PERDITA A – 10%!
In sintesi, se salgono i tassi l’unico a perdere sarà chi ha in portafoglio il vecchio BTP.
fig.5 – Perdite dei BTP per differenti scadenze all’aumentare di uno 0,5% dei tassi.
In conclusione possiamo affermare che oggi detenere solo BTP in portafoglio genererà perdite certe, RIALLOCARE questi portafogli attraverso una opportuna e attenta diversificazione in grado di eliminare i rischi che abbiamo esposto dev’essere la strada da percorrere per evitare brutte sorprese.
IL RISCHIO ZERO NON ESISTE PIU’, FACCIAMOCENE UNA RAGIONE, MEGLIO PREVENIRE CHE CURARE.
Postilla – Curiosità sul nostro debito.